Tracciabilità pagamenti

Negli ultimi anni, la normativa in materia di evasione fiscale è stata oggetto di profonde riforme.
La volontà di ridurre il crescente aumento degli illeciti tributari e di recuperare i capitali sottratti alle casse dello Stato accomuna gli interventi normativi susseguitisi dal 2007 sino al così detto “decreto salva stato” varato dall’attuale Governo (G.U. n. 284 del 6 dicembre 2011).
Con quest’ultimo provvedimento, infatti, il legislatore ha ulteriormente abbassato il tetto massimo dell’importo delle transazioni commerciali soggette ai meccanismi di tracciabilità previsti dalla normativa preesistente (d. lgs. 231/2007).
In particolare, l’art. 12 prevede che le operazioni implicanti l’uso di denaro contante o di titoli al portatore, a qualsivoglia titolo effettuate tra soggetti diversi, sono vietate se di importo superiore o pari ad € 1.000,00.
In questi ultimi casi, il cittadino, al fine di garantire la sicura e trasparente tracciabilità della transazione, è obbligato a ricorrere a strumenti di pagamento telematici e/o elettronici implicanti l’intervento di Banche o di istituti di moneta elettronica e/o di intermediazione finanziaria (art. 49, comma 1, d. lgs. N. 231/2007).
 La norma appena richiamata, nell’ampliare le forme di controllo e di lotta all’evasione fiscale, se da un lato favorisce la espansione di transazioni digitalizzate ed elettroniche, dall’altro pone non pochi problemi in sede di applicazione pratica.
In particolare, problemi interpretativi sono particolarmente avvertiti da chi, nell’esercizio di attività commerciali ed imprenditoriali inerenti al settore dei beni e servizi, è quotidianamente tenuto ad effettuare una serie di operazioni economico-finanziarie di varia natura: dall’incasso dei contanti versati dai consumatori ai versamenti bancari in moneta o titoli.
Al riguardo, occorre in primo luogo individuare le operazioni rientranti nel limite segnato dalla nuova normativa.
L’art. 12, comma 1, del d. lgs. n. 284 del 6.12.2011, prevede l’adeguamento alla soglia di € 1.000,00 di tutte “le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore di cui all’art. 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13 del decreto legislativo n. 231 del 2007 (…)”.
Per comprendere la portata dell’adeguamento previsto dalla normativa citata è, pertanto, necessario, soffermarsi sulla normativa posta dal d.lgs. 231/2007, con particolare riguardo al comma 1 dell’art. 49.
L’art. 49, comma 1, del d. lgs. n. 231/2007, prevede che “è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo da soggetti diversi, quando il valore della operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 5000 euro”.
Nel porre il suddetto divieto, l’art. 49, comma 1, prevede la possibilità che le operazioni anzidette siano legittimamente effettuate “tramite banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane s.p.a.”
Dalla lettura del menzionato disposto emerge che il divieto ivi previsto deve intendersi circoscritto unicamente alle operazioni effettuate tra privati, professionisti o non, che importino circolazione monetaria, in forma contante o cartolare, di importo superiore o pari ai € 1.000,00.
Di contro, tutte le operazioni effettuate dai privati mediante il coinvolgimento e/o l’intervento di un intermediario a ciò autorizzato devono intendersi legittime, giacchè idonee ex sé a lasciare una traccia visibile e trasparente della movimentazione economica compiuta.
Rimangono, dunque, consentite le seguenti operazioni: di bonifico bancario, di prelievo e/o di versamento di denaro contante e/o di titoli mediante bancomat e/o su conto corrente e/o su libretti di deposito, giroconti bancari, pagamenti con bancomat, carte di credito o postali, lo sconto bancario di credito e/o di titoli.
Tali operazioni sono, infatti, effettuate per mezzo di un intermediario autorizzato e obbligato a vigilarne la genesi e lo sviluppo.
Esse, pertanto, sono in linea con la ratio della riforma, volta ad evitare la sottrazione del denaro imponibile alle casse dell’erario statale.
Quanto detto è stato confermato anche dall’ABI.
Con la Circolare dell’11 gennaio 2012, l’Associazione bancaria italiana (ABI) chiarisce che il limite sul contante di 1.000 euro, previsto dalla Manovra Monti, non si applica ai versamenti e prelievi in banca.
Infatti, la soglia di € 1.000 si applica esclusivamente ai trasferimenti di denaro tra privati cittadini, e non ai versamenti e prelievi allo sportello.
In tale ottica, infine, è importante segnalare che l’art. 12 del d. lgs. 284/2011 ha notevolmente ridotto i limiti alla trasferibilità dei titoli, già previsti dalla disciplina di cui al d. lgs. 231/2007.
L’art. 12 sopra citato, infatti, dispone che gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori ad € 1.000,00, (non più € 5.000,00), debbano contenere la indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
Il limite di € 1.000,00 è stato, inoltre, introdotto anche per le somme accantonate su libretti di deposito bancari o postali, in considerazione del frequente uso di tali strumenti di risparmio per la dissimulazione di denaro non dichiarato all’erario o riciclato.
L’art. 12 del d. lgs. 284/2011, modificando i commi 12 e 13 dell’art. 49 del d. lgs. 231/2007, ha infatti previsto che il saldo dei libretti anzidetti, alla data del 31.12.2011, dovrà attestarsi ad una cifra inferiore ad € 1.000,00, pena la segnalazione ai competenti Organismi di Vigilanza.
Dalle osservazioni che precedono è, dunque, possibile concludere che l’esercente un’attività commerciale di bar, gelateria, pasticceria, ristorazione potrà incassare presso la propria Banca   somme contanti pari o superiori all’importo di  € 1.000,00, senza incorrere in sanzioni o in segnalazioni.

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